Cenni storici su San Mango Piemonte

Di origine antichissima, con presenze etrusche sannitiche fina dal VI sec. a.C., deve la sua fondazione a profughi della città di Picentia (odierna Pontecagnano) che furono costretti ad abbandonare la città distrutta ed a rifugiarsi sui monti vicini dando così origine ai paesi della odierna valle del picentino (88 a.C.).

L’attuale dizione di San Mango Piemonte gli deriva dal primitivo retto duplice nome di Terra Sancti Magni et Pedemontis, dal nome del suo Santo Patrono e dall’antichissimo Casale sorto ai piedi del Monte Tubenna (sulle cui pendici sorse un’antica e famosa Abbazia nota come Abbazia di Santa Maria di Tubenna di cui ancora oggi si conservano i resti).

Una radicata tradizione vuole che San Magno (185 ca. – 252 ca.), vescovo di Trani martirizzato durante le persecuzioni di Decio nel 252 d.C., per non cadere nelle mani dei persecutori, nel suo peregrinare sia passato per San Mango (ovviamente allora non noto con questa dizione) e si sia rifugiato in una grotta naturale sul monte che prende proprio il nome di San Magno, e morto, sia apparso ai suoi fedeli, indicando la grotta come luogo dove erigere un eremo. Ed è a questo eremo che i fedeli ascendono processionalmente ogni 19 agosto, festa del Santo, e si prostano davanti alla miracolosa immagine del loro Patrono affrescata sulla parete della roccia e datata 1541.

I due antichi Casali di San Magno e Piedimonte furono inizialmente legati alle vicende della vicina città di Salerno (da cui l’altra dizione di San Magno Pedemontis prope Salernum) e provvedevano al sistema difensivo orientale del Principato di Salerno, sia fornendo militi per il Castello Maggiore, sia con fortilizi sul territorio (resti del Castello Merla sul Monte San Magno e resti nella località Ponticelli, oltre al Castello di Montevetrano, oggi in tenimento del Comune di San Cipriano Picentino). Di certo nel XIII secolo aveva già la sua Universitas e provvedeva, insieme con Salerno e Cava, al mantenimento del Castello di Salerno.

Nel XII sec. Signore del Castello di San Mango era Filippo Guarna, fratello di Romualdo, arcivescovo di Salerno, come si legge in una antica pergamena conservata nell’Archivio Diocesano di Salerno. Ai Guarna subentrarono i De Cripta, ramo cadetto della nobilissima famiglia dei d’’Aquino, i quali assunsero da allora il nome di Santomagno o Santomango e furono tra le più potenti famiglie del Principato, tanto da opporsi alla famiglia degli Ajello in una lotta civile che durò dal 1334 al 1338 e cessò solo con l’intervento del sovrano e con un indulto generale.

I Santomango diedero vita alla antica e importante Baronia di Santo Mango, staccatasi dal Principato di Salerno, che raggiunse nel XV sec. il suo massimo splendore, quando ai suoi discendenti furono riconosciuti dall’autorità regale numerosi privilegi.

Quando nel 1458 la nobile Masella di Santomango, figlia del cavaliere Baldassarre, Signore di San Mango, sposò Niccolò Sannazzaro, si tennero nel Castello di San Mango grandi celebrazioni e qualche anno più tardi nacque a Napoli Jacopo Sannazzaro (1457-1530). Verso il 1470 il padre di Jacopo morì e la madre Masella preferì far ritorno a San Mango dove il poeta trascorse gran parte della sua adolescenza, all’ombra di quelle valli e di quei paesaggi da lui immortalati nell’Arcadia (III Elegia).

Con la rovina dei Santomango, San Mango passò ai Sanseverino e poi ai Caracciolo (1700 c.), poi al Duca Luigi Poderigo (1728 c.) e poi ai Cavaselice, che si fregiarono del titolo di Marchesi di San Mango e ne furono signori fino all’inizio del XIX sec.

Riacquistata la libertà comunale, San Mango, al pari dei paesi vicini, subì le vicende del tempo, sempre prodiga di uomini e di sangue per le lotte dell’indipendenza e dell’unità nazionale.

 

Le notizie sono tratte dal sito www.sanmangonline.it e dalle pubblicazioni dello storico Antonio Roma.

 

 

 

 

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